L’Osservatorio sul clima saluta l’elezione di Lula richiamandolo agli impegni per invertire le politiche ecocide del governo Bolsonaro e ricordando che la crisi climatica è crisi sociale che colpisce le classi popolari e i settori più vulnerabili della società.

Nota dell’Osservatorio sul clima – Tratto da: Adista Documenti n° 39 del 19/11/2022

L ‘incubo è finalmente terminato. Il 30 ottobre, quasi il 51% degli elettori brasiliani ha optato per la democrazia e ha eletto Luiz Inácio Lula da Silva presidente della Repubblica. Il secondo turno è stato drammatico, con accuse di crimini elettorali e coercizione degli elettori. Ma la società brasiliana, benché esposta a quattro anni di manipolazioni e disinformazione, ha deciso di cacciare dal potere l’estrema destra e la sua politica di morte, impoverimento e distruzione ambientale. L’aspirante despota che ora occupa il Planalto diventa così il primo presidente a mancare la rielezione.

È tempo di celebrare la resilienza del regime democratico, che ha superato il suo più grande stress test, ma anche di guardare realisticamente alla situazione del Paese. Il nuovo governo si trova di fronte a uno Stato fallito e a una società disgregata, con 33 milioni di persone affamate, un grande contingente di civili armati e strutture di governo smantellate. Prima di guardare al futuro, il nuovo governo dovrà azzerare le misure adottate e ricostruire ciò che il neofascismo ha distrutto.

L’agenda socio-ambientale e climatica è uno dei terreni in cui Lula dovrà agire in modo più rapido e deciso. Fermare il massacro delle popolazioni indigene e la devastazione dell’Amazzonia richiederà un’azione di contrasto nei confronti delle potenti bande criminali e spesso degli interessi di alleati e sostenitori nei governi locali e in Parlamento. L’allontanamento dei criminali dalle terre indigene e la drastica riduzione del tasso di deforestazione sono misure urgenti da cui dipende il recupero della credibilità del governo brasiliano agli occhi del suo popolo e della comunità internazionale.

L’orrore è stato sconfitto, ma non è ancora finito. Nei prossimi tre mesi, le sessioni plenarie del Congresso nazionale saranno importanti quanto il suolo forestale. L’alleanza tra il regime sconfitto e il ruralismo, sancita in Parlamento, continuerà anche dopo la fine del mandato dell’attuale presidente. Fino alla fine di quest’anno, egli cercherà di abbattere gli alberi e le leggi.

È importante che il nuovo governo cominci già a utilizzare il potere politico conquistato nelle urne per impedire l’approvazione degli aberranti progetti che sono nelle mani di deputati e senatori. Se i progetti di legge anti-ambientali noti come “pacchetto di distruzione” verranno approvati, qualsiasi sforzo per rallentare la deforestazione a partire dal 2023 diventerà molto più difficile.

Lula assumerà il suo terzo mandato con una triplice responsabilità in questo ambito. In quanto autore delle misure che hanno portato alla riduzione del tasso di deforestazione tra il 2005 e il 2012, è chiamato ora afare di più. Come rappresentante del modello sviluppista che in passato ha ceduto al canto delle sirene dello sfruttamento petrolifero e delle infrastrutture predatorie in Amazzonia, dovrà mettere in pratica un nuovo modello che guardi alla questione climatica e al patrimonio ambientale brasiliano come un’occasione per promuovere lo sviluppo e ridurre le disuguaglianze. In qualità di leader di uno dei sei Paesi con maggiori emissioni di gas a effetto serra in un momento in cui gli effetti della crisi climatica stanno accelerando in tutto il mondo, deve garantire che la meta brasiliana di tagli alle emissioni fissata nell’accordo di Parigi diventi più ambiziosa. L’umanità ha solo 96 mesi per ridurre le emissioni in maniera da centrare l’obiettivo di un aumento della temperatura non superiore a 1,5°C. Il Brasile è parte del problema e della soluzione.

Il presidente eletto ha le carte in regola per attuare la svolta socio-ambientale di cui il Paese ha bisogno. Accogliendo favorevolmente l’agenda ambientale proposta dall’ex ministra Marina Silva, Lula ha presentato il programma di governo più verde tra quelli di tutti i candidati. Proposte della società civile come la Strategia Brasile 2045 dell’Osservatorio sul clima, con il suo elenco di azioni di emergenza per i primi due anni di governo, sono state anch’esse accolte. Lula non ha esitato a fare discorsi forti e promesse ambiziose su questo terreno. È il momento di mantenerle.

È anche fondamentale che il prossimo governo capisca che la crisi climatica è, prima di tutto, un problema sociale. Gli eventi estremi colpiscono principalmente i più vulnerabili, in particolare le donne e la popolazione nera. Il cambiamento climatico è una fabbrica per generare disuguaglianza e povertà.

L’Osservatorio sul clima si congratula con il presidente eletto e ripone in lui e nell’ampia alleanza che ha portato alla sua vittoria le migliori speranze per la ricostruzione del Paese: decarbonizzato, giusto, prospero e sostenibile. La società civile sarà sempre pronta a collaborare con il nuovo governo, negli spazi democratici di cui attendiamo il recupero, per tutte le necessità del Paese.

Tuttavia, saremo sempre pronti anche a esercitare il nostro ruolo di critica e di pressione sul governo ogni volta che sarà necessario. Il contraddittorio, una componente essenziale della democrazia, è fondamentale anche per portare avanti l’agenda climatica. Da 20 anni l’Osservatorio sul clima monitora le politiche federali in materia ambientale, spesso infastidendo i governi. Seguiremo questa linea, sulla base della Costituzione e dell’Accordo di Parigi . Congratulazioni e bentornato, presidente Lula. Resteremo vigili.

Foto: São Paulo (dal sito di Latin America Bureau)